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| Ritratto di signora, 1889 |
Sono stato alla Cavallerizza di Lucca a vedere la mostra dedicata a Giovanni Boldini e ai pittori del suo tempo. Ne sono uscito con quella sensazione rara: come se qualcuno ti avesse preso per il bavero e, senza chiedere permesso, ti avesse trascinato in un’epoca che non è più la tua — ma che, improvvisamente, senti vicinissima.
Boldini non dipinge semplicemente donne eleganti. Dipinge il tempo che scorre su di loro. I suoi ritratti non sono pose, sono attimi colti mentre stanno per sfuggire. Un gesto che si scioglie, un busto che ruota, un abito che vibra come se fosse ancora in movimento. La pennellata corre, scarta, graffia la tela con una sicurezza quasi sfrontata. Eppure, dentro quella velocità c’è una precisione chirurgica: ogni volto è riconoscibile, ogni sguardo è un carattere.
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| Signora con il cagnolino, 1890, Vittorio Corcos |
Quelle donne — aristocratiche, borghesi, attrici, amanti, mogli — sembrano vivere su un confine sottile. Da una parte la maschera sociale, l’abito, il ruolo; dall’altra una persona vera, colta nel momento in cui abbassa la guardia. Boldini riesce in qualcosa di rarissimo: fa vedere insieme entrambe le cose. Non smaschera, ma lascia intravedere. Non giudica, ma osserva con una lucidità affettuosa, talvolta ironica.
Guardando questi ritratti viene voglia di conoscere le storie dietro i volti. Ma soprattutto viene voglia di capire l’epoca che li ha prodotti. La Belle Époque qui non è cartolina né nostalgia zuccherosa: è un mondo elegante e nervoso, sicuro di sé e al tempo stesso inconsciamente in bilico. Un mondo che corre — come corre la pennellata di Boldini — verso qualcosa che ancora non sa di chiamarsi fine.
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| La contessa de Rasty in abito nero, 1879 |
Accanto ai suoi quadri, le opere dei contemporanei aiutano a capire quanto Boldini fosse, in realtà, un corpo celeste a parte. Gli altri osservano, descrivono, talvolta idealizzano. Lui accelera. Anticipa il Novecento senza rinnegare l’Ottocento. È mondano, ma mai superficiale. È decorativo solo in apparenza: sotto la seta, sotto i nastri, sotto i guanti, c’è sempre una psicologia vigile.
C’è anche un dettaglio che colpisce più di quanto sembri: la postura. Le donne di Boldini non stanno mai davvero ferme. Sono inclinate, sbilanciate, appoggiate appena. Come se la stabilità fosse una concessione noiosa, e la vita vera stesse tutta in quell’instabilità elegante.
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| Mademoiselle de Nemidoff, 1908 |
Uscendo dalla mostra resta una strana nostalgia per qualcosa che non abbiamo vissuto. Non tanto per i salotti o per i vestiti, ma per quell’idea di ritratto come incontro profondo tra chi guarda e chi è guardato. Boldini non dipinge “belle donne”. Dipinge persone immerse nel loro tempo. Ed è forse per questo che, guardandole oggi, continuiamo a sentirle così sorprendentemente vive.