La val d'Inferno |
Intorno alla statale le cime dei poggi portano i segni delle cave di pietra serena ancora oggi sfruttate: ma la stretta strada si distacca da questi residui di industria seguendo tortuosamente il corso del Rovigo fino ad raggiungere la salita che porta a Casetta di Tiara. Qui ci si ferma e si parcheggia, trovando a breve distanza dal punto dove si lascia l'automobile un vecchio mulino, tutt'ora abitato e con accanto una copiosa sorgente di acqua limpida che sgorga senza sosta.
Sotto al mulino uno stradello sterrato scende a un ponte "quasi" pedonale che attraversa il corso del torrente Rovigo. Oltre il ponte un bivio porta da un lato alle cascate del Rovigo e dall'altro risale verso la val d'Inferno, dove scorre il torrente Veccione, che si getta nel Rovigo poco più a valle.
Sotto al mulino uno stradello sterrato scende a un ponte "quasi" pedonale che attraversa il corso del torrente Rovigo. Oltre il ponte un bivio porta da un lato alle cascate del Rovigo e dall'altro risale verso la val d'Inferno, dove scorre il torrente Veccione, che si getta nel Rovigo poco più a valle.
Scendendo dal Monte Acuto (1058 m.) |
Pur non essendo troppo distante dalla piana pratese e fiorentina - un'ora e mezza di automobile, all'incirca - ci troviamo in un altro mondo, quasi del tutto privo di case e di abitanti.
Ciò nonostante, non possiamo definirlo un deserto o una terra selvaggia. Qui gli uomini hanno stabilito una presenza millenaria che ha modellato il territorio in molti suoi aspetti, sfruttando i corsi d'acqua e sostituendo le foreste primordiali con grandi castagneti e oscure abetaie, intervallate dai pochi campi coltivati posti intorno alle rare abitazioni. Lungo i torrenti, i mulini testimoniano ancora lo sforzo fatto per addomesticare un ambiente ostile.
E' una verde vastità fatta di boschi silenziosi, aerei crinali e profondi valloni, in cui gli antichi coltivi sono stati dapprima circondati poi invasi e sopraffatti dal prorompente risorgere delle faggete che hanno silenziosamente occupato gli spazi lasciati liberi dal progressivo ritrarsi delle attività umane.
Uno dei Patriarchi, grandi castagni secolari |
Questo rinnovato dominio della natura diventa ancora più evidente a mano a mano che seguiamo lo stretto sentiero che seguendo un antico tratturo si alza ripidamente sul solco vallivo del torrente Rovigo, attraversando grandiosi castagneti punteggiati dai ruderi delle cannicciaie, gli essiccatoi dove le castagne venivano messe ad asciugare per poi essere macinate nei mulini. Dove lo sguardo riesce a oltrepassare i rami degli alberi non si vedono che verdi pendici silenziose, a perdita d'occhio.
L'acero centenario e le case del Giogarello |
Per dirla con le parole di un grande poeta, Rainer Maria Rilke:
"E' come se in questa immagine infinitamente silente fosse racchiuso tutto ciò che è umano e anche tutto il resto, tutto ciò che si distende prima e oltre l'uomo, nel misterioso intreccio dei monti, gli alberi, i cieli e le acque. Questo paesaggio non è l'immagine di un'impressione, non è l'espressione del pensiero dell'uomo sulle cose che riposano davanti a lui: è natura che nacque, mondo che divenne, estraneo per l'uomo come il bosco inviolato, come un'isola inesplorata".
Fioritura di anemoni in val d'Inferno |
In questo ambiente si discende fino a raggiungere il punto più lontano di questo percorso, la sella che divide il bacino del Veccione dalla valle del Rovigo e che ospita la semplice costruzione in pietra del rifugio alpino della Serra.
Il rifugio alpino della Serra |
Badia di Moscheta |
Il tracciato dell'escursione proiettato su carta IGM al 25.000 |
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