L'architrave della porta delle Casacce di Parmigno |
L'escursionista che si avventura su per la strada sterrata che dalle ultime case di Faltugnano sale tortuosamente lungo i primi contrafforti del monte Cagnani scopre oggi un territorio disabitato e selvatico, ben diverso dalla civiltà moderna che scorre lungo la statale 325 di fondovalle.
La dorsale della Calvana è un mondo a parte, che da agricolo e silvopastorale è diventato sempre più selvaggio e solitario, punteggiato dai resti di abitati che pure in varie epoche e in diversa misura furono altrettanto importanti di quelli della pianura o del fondovalle, spesso minacciati da scorribande di armati o dalle incursioni meno visibili ma altrettanto micidiali della malaria.
Enrico Fiumi, storico volterrano del secolo scorso, autore di una monumentale Demografia che tratta l'andamento della popolazione di Prato e del suo contado dal Medioevo ai tempi moderni, ci fa toccare con mano l'antropizzazione decrescente di questa catena montuosa parallela al corso del Bisenzio: relativamente popolosa fino al XV secolo e sempre meno abitata nei secoli successivi, a mano a mano che le città della piana prendevano maggior vigore e importanza.
Luoghi come Cavagliano, Valibona, Parmigno, tutti situati lungo la curva altimetrica dei 500 metri a poca distanza dai pascoli del crinale, avevano nel XIII secolo una popolazione complessiva vicina ai mille abitanti. La città di Prato contava all'epoca non più di diecimila residenti. Probabilmente il loro peso demografico, in rapporto alla popolazione della piana, non era variato di molto dalla caduta dell'Impero Romano, la cui eredità più evidente era rimasta nella toponomastica dei luoghi.
Col metro della contemporaneità viene da chiedersi come - e di cosa - potessero vivere così tante persone in un ambiente in apparenza così inospitale: fuori dalle vie di comunicazione più importanti, lontano dalla città, freddo d'inverno e arido d'estate, senza corsi d'acqua superficiali e con pochissima terra coltivabile.
Ciò nonostante, se al giudizio di oggi potessimo sostituire quello di allora scopriremmo che vivere in queste zone poteva anche dare dei vantaggi. L'isolamento rendeva più rare le scorrerie degli armati e dei briganti, la relativa aridità dovuta al carsismo riduceva la presenza nei raccolti di piante infestanti e parassiti. I pascoli perenni del crinale favorivano la pastorizia e l'allevamento, senza contare le possibilità di caccia e di raccolta dei prodotti selvatici offerte dagli ambienti boschivi.
Per questa somma di ragioni l'esistenza di chi viveva in queste piccole comunità poteva non essere peggiore di quella dei cittadini. In qualche caso c'era addirittura una certa agiatezza, manifestata da una serie di costruzioni che ancora oggi, seppure abbandonate e spesso semi-diroccate, testimoniano la relativa ricchezza dei loro primi proprietari.
Si tratta nella maggior parte dei casi di case-torri medievali la cui edificazione aveva certamente richiesto maestranze qualificate e un notevole impiego di mano d'opera. Edifici solidi, realizzati in pietra ben lavorata, in un periodo storico in cui la maggior parte delle abitazioni rurali era di legno o di fango. Edifici talmente ben costruiti da attraversare molti secoli di storia, abitati da generazioni e generazioni di contadini.
Anche se trasformati in vario modo e spesso inseriti arbitrariamente all'interno di altre costruzioni più recenti, mantengono ancora molti dei caratteri originali, e cioè la muratura a conci di pietra squadrata, la relativa altezza rispetto alla base, le porte e le finestre ad arco a tutto sesto talvolta sostenuto da mensole convesse o concave.
Il borgo di Parmigno, situato a mezza costa su una terrazza naturale lungo una diramazione della strada che da Faltugnano e da Fabio sale verso Valibona, ha diversi edifici di questo tipo, tra cui un piccolo chiesino intitolato a S. Stefano che reca ancora al suo interno degli affreschi quattrocenteschi. L'abitato presenta diverse case sparse, tutte - meno una - disabitate e in stato di evidente decadimento. Le foto seguenti, tratte da "Silvestro Bardazzi - Eugenio Castellani, "Parmigno - Fabio - Maglio", I quaderni del territorio pratese, quaderno n. 8, 1985, p. 31" testimoniano l'aspetto del borgo nel 1985, prima che fosse letteralmente sommerso dalla vegetazione.
A circa 200 metri di distanza da questo nucleo di case, lungo la strada che poi sale a Valibona, si trova l'insieme di edifici denominato "Le Casacce", costituiti da una casa torre di circa 9 x 8,5 metri di base, circondata da altri edifici più tardi in stato di forte degrado. La porta che ci interessa si trova sul retro dell'edificio rispetto al punto di arrivo del sentiero che sale dalla strada, in uno stretto corridoio tra la casa torre e un'altra costruzione più recente. Sugli angoli della casa torre, a partire da circa 2,50 metri da terra si trovano insolite decorazioni a forma di palla schiacciata o umbone (vedi foto sottostante). Due simboli dello stesso tipo sono stati rinvenuti anche su dei conci nei pressi del chiesino: è però probabile che siano pietre di recupero provenienti da questo complesso.
La dorsale della Calvana è un mondo a parte, che da agricolo e silvopastorale è diventato sempre più selvaggio e solitario, punteggiato dai resti di abitati che pure in varie epoche e in diversa misura furono altrettanto importanti di quelli della pianura o del fondovalle, spesso minacciati da scorribande di armati o dalle incursioni meno visibili ma altrettanto micidiali della malaria.
Enrico Fiumi, storico volterrano del secolo scorso, autore di una monumentale Demografia che tratta l'andamento della popolazione di Prato e del suo contado dal Medioevo ai tempi moderni, ci fa toccare con mano l'antropizzazione decrescente di questa catena montuosa parallela al corso del Bisenzio: relativamente popolosa fino al XV secolo e sempre meno abitata nei secoli successivi, a mano a mano che le città della piana prendevano maggior vigore e importanza.
Mappa IGM di Parmigno 1:25000 |
Ciò nonostante, se al giudizio di oggi potessimo sostituire quello di allora scopriremmo che vivere in queste zone poteva anche dare dei vantaggi. L'isolamento rendeva più rare le scorrerie degli armati e dei briganti, la relativa aridità dovuta al carsismo riduceva la presenza nei raccolti di piante infestanti e parassiti. I pascoli perenni del crinale favorivano la pastorizia e l'allevamento, senza contare le possibilità di caccia e di raccolta dei prodotti selvatici offerte dagli ambienti boschivi.
Per questa somma di ragioni l'esistenza di chi viveva in queste piccole comunità poteva non essere peggiore di quella dei cittadini. In qualche caso c'era addirittura una certa agiatezza, manifestata da una serie di costruzioni che ancora oggi, seppure abbandonate e spesso semi-diroccate, testimoniano la relativa ricchezza dei loro primi proprietari.
Si tratta nella maggior parte dei casi di case-torri medievali la cui edificazione aveva certamente richiesto maestranze qualificate e un notevole impiego di mano d'opera. Edifici solidi, realizzati in pietra ben lavorata, in un periodo storico in cui la maggior parte delle abitazioni rurali era di legno o di fango. Edifici talmente ben costruiti da attraversare molti secoli di storia, abitati da generazioni e generazioni di contadini.
Anche se trasformati in vario modo e spesso inseriti arbitrariamente all'interno di altre costruzioni più recenti, mantengono ancora molti dei caratteri originali, e cioè la muratura a conci di pietra squadrata, la relativa altezza rispetto alla base, le porte e le finestre ad arco a tutto sesto talvolta sostenuto da mensole convesse o concave.
Il borgo di Parmigno, situato a mezza costa su una terrazza naturale lungo una diramazione della strada che da Faltugnano e da Fabio sale verso Valibona, ha diversi edifici di questo tipo, tra cui un piccolo chiesino intitolato a S. Stefano che reca ancora al suo interno degli affreschi quattrocenteschi. L'abitato presenta diverse case sparse, tutte - meno una - disabitate e in stato di evidente decadimento. Le foto seguenti, tratte da "Silvestro Bardazzi - Eugenio Castellani, "Parmigno - Fabio - Maglio", I quaderni del territorio pratese, quaderno n. 8, 1985, p. 31" testimoniano l'aspetto del borgo nel 1985, prima che fosse letteralmente sommerso dalla vegetazione.
Il nucleo principale di Parmigno nel 1985 |
Il chiesino di Santo Stefano nel 1985 |
Il chiesino di Santo Stefano oggi |
Gli affreschi trecenteschi del Chiesino |
Una delle decorazioni delle Casacce |
La porta delle Casacce oggi |
A questo punto posso portare una mia ipotesi - sia pure puramente indiziaria - sulla natura di questi simboli, che potrebbero essere collegati a qualche reminiscenza di culti legati al luogo su cui sorge l'edificio. Proprio accanto alla casa, infatti, c'è una di quelle strutture, frequenti in altri punti della Calvana come Poggio Castiglioni, Case Sottolano e Cavagliano, costituita da un singolare complesso di terrazzamenti ricurvi di forma vagamente lobiforme che formano una sorta di edificio troncoconico a gradini, una quindicina di metri al di sopra del piano di campagna sottostante.
Il piano sommitale e l'ultimo terrazzamento della struttura a gradini |
Non è raro il persistere di culti e credenze pagane anche in ambito apparentemente cristiano, non sarebbe impossibile questa persistenza in comunità relativamente chiuse come quella di Parmigno.
Per questo auspico che la casa-torre delle Casacce, e insieme a lei l'area di Parmigno vengano maggiormente studiate e il suo sito tutelato, incentivando i proprietari a recuperare e restaurare per quanto possibile gli edifici esistenti. Altrimenti tra non molto di questa casa e delle sue "sfere" secolari resterà solo una memoria sempre più sbiadita, e ben pochi dopo di me potranno ancora riflettere e pensare sulla storia di questi simboli e della comunità che li ha espressi.