 |
"None knew thee but to love thee" |
Nel cuore della campagna toscana, tra le colline che incorniciano la città di Prato, si trova la piccola frazione di Canneto, un angolo di mondo dove il tempo sembra essersi fermato. Il villaggio, costituito da poche case sparse tra la ferrovia "Direttissima", la chiesetta di San Michele e la storica villa rinascimentale della nobile famiglia Rucellai, custodisce un piccolo cimitero, raccolto e silenzioso, che accoglie le spoglie di chi qui ha trovato l'ultimo riposo. Tra le sepolture, una in particolare attira l’attenzione: un’elegante tomba in stile gotico che appartiene a Katharine de Kay Bronson, una figura di grande rilievo nella cultura cosmopolita dell’Ottocento.
 |
Ritratto, John Singer Sargent |
Katharine, nata nel 1834 nei pressi di New York, proveniva da una famiglia di spicco. Suo padre, George Coleman de Kay, era un ufficiale della marina statunitense e fratello di James Ellsworth De Kay, eminente naturalista e zoologo. Sua madre, Janet Halleck Drake, era figlia del poeta Joseph Drake, un legame che suggerisce come l’amore per la cultura e la letteratura scorresse nel sangue di Katharine fin dalla nascita. Primogenita di sette figli, trascorse i suoi primi anni d’infanzia nella quiete della valle dell’Hudson, circondata dalla natura e dagli scenari che ispirarono molti poeti romantici americani.
Tuttavia, il destino la condusse presto lontano: all’età di otto anni la famiglia si trasferì nella frenetica New York, una città in piena espansione, in cui Katharine ricevette un’educazione raffinata. La sua prima grande avventura ebbe luogo a soli tredici anni, quando attraversò l’Atlantico insieme al padre, che aveva organizzato una spedizione di aiuti per l’Irlanda, all’epoca devastata dalla Grande Carestia. Questo viaggio segnò profondamente la giovane Katharine, esponendola alle realtà della sofferenza e dell’impegno sociale, due aspetti che avrebbero caratterizzato tutta la sua vita futura.
 |
Acquerello di Ellen Montalba, 1892
|
Nel 1855, poco più che ventenne, sposò Arthur Bronson, un ricco proprietario terriero del Connecticut, di dieci anni più anziano di lei. La coppia, attratta dall’Europa, vi si stabilì poco dopo il matrimonio, scegliendo dapprima Parigi come residenza e poi, alcuni anni più tardi, Venezia. Fu nella città lagunare che Katharine e Arthur acquistarono Ca’ Alvisi, un elegante palazzetto affacciato sul Canal Grande, proprio di fronte alla Basilica della Salute. Dal 1876 questa divenne la loro dimora definitiva, il luogo in cui la coppia visse i suoi anni più felici, circondata da un vivace entourage culturale. La loro casa si trasformò presto in un salotto letterario e artistico, frequentato da illustri personaggi dell’epoca, tra cui Robert Browning, Henry James, John Singer Sargent e William Merritt Chase. L’amicizia con Eleonora Duse, la grande attrice italiana, fu particolarmente intensa e duratura.
 |
La terrazza di Cà Alvisi, oggi |
Accanto all’impegno culturale, Katharine si dedicò con passione anche alla filantropia. Convinta dell’importanza dell’educazione per il riscatto sociale, fondò una scuola per i bambini poveri e, nei rigidi inverni veneziani, aprì le porte della sua casa per accogliere famiglie indigenti, dimostrando una generosità che andava oltre la semplice beneficenza.
Tuttavia, la felicità della coppia venne presto turbata. Intorno al 1880, Arthur Bronson iniziò a manifestare i segni di una grave malattia mentale che lo costrinse a un progressivo isolamento. Alla fine, fu necessario il suo ricovero in una casa di cura per malati psichiatrici a Parigi, la città che un tempo aveva accolto i loro sogni di gioventù. Nonostante la distanza, Katharine non smise mai di fargli visita, recandosi regolarmente nella capitale francese. La loro storia, pur segnata dalla tragedia, testimonia un amore profondo e un legame indissolubile, spezzato solo dalla morte di Arthur nel 1885.
 |
La nave corazzata "Sardegna" della Regia Marina
|
Rimasta sola a Venezia, Katharine continuò a vivere nella sua amata Ca’ Alvisi, circondata dall’arte e dalla cultura. Nel frattempo, sua figlia Edith Millicent, nata nel 1861 a Parigi, cresceva in un ambiente raffinato e cosmopolita. Nel 1893, durante una serata veneziana, Edith conobbe Cosimo Rucellai, un giovane ufficiale della Regia Marina italiana, affascinante ed elegante, appartenente a una delle più antiche famiglie nobili toscane. Il loro incontro fu un colpo di fulmine e, in breve tempo, i due decisero di sposarsi. Il matrimonio ebbe luogo il 24 giugno 1895, in un lunedì d’inizio estate, suggellando l’unione tra due mondi apparentemente distanti: quello aristocratico toscano e quello borghese e internazionale degli americani trapiantati in Europa. |
Cosimo ed Edith con quattro dei cinque figli |
Dopo il matrimonio, Cosimo riprese il servizio in Marina, mentre Edith rimase con la madre a Ca’ Alvisi, dove nel 1896 nacque la loro prima figlia, Nannina. L’anno successivo, con l’arrivo del secondo figlio, Cosimo decise di congedarsi dalla Marina e trasferire la famiglia in Toscana, nella tenuta del Pratello a Campi Bisenzio. Katharine, ormai sola a Venezia, scelse di lasciare la città lagunare e di stabilirsi ad Asolo, un borgo incantevole ai piedi delle Prealpi venete, già noto per la sua atmosfera colta e raffinata.
Nel 1889, su suggerimento dell’amico poeta Robert Browning, Katharine aveva acquistato una dimora molto particolare, costruita sopra una delle porte delle antiche mura cittadine e per questo chiamata "La Mura". Qui continuò a ricevere artisti, scrittori e intellettuali dell’élite angloamericana, che la consideravano una mecenate e un punto di riferimento. Tra le frequentatrici più assidue vi fu Eleonora Duse, con la quale instaurò una profonda amicizia, condividendo lunghe conversazioni e momenti di intima complicità. Henry James, lo scrittore inglese, fu uno degli ospiti più illustri: nel 1899 soggiornò a "La Mura", lasciando poi pagine affettuose dedicate alla sua ospite e alla magia di Asolo.
 |
Katharine a Venezia, verso il 1870
|
Ma proprio in quell'anno una malattia la costrinse a lasciare Asolo per avvicinarsi alla figlia che in quel periodo risiedeva tra la villa campigiana del Pratello, il palazzo Rucellai di Firenze in via della Vigna Nuova e la villa "rustica" di Canneto, che nel tempo era diventata la residenza semiufficiale della famiglia, diventata negli anni piuttosto numerosa. Tra il 1896 e il 1903 A Edith e Cosimo erano infatti nati 5 figli: Nannina, Bencivenni, Bernardo, Juanita e Giovanni. Purtroppo il soggiorno fiorentino fu breve: la malattia si rivelò incurabile e Katharine morì a Firenze nel febbraio 1901. Aveva 67 anni. |
Bencivenni, Bernardo, Nannina e Giovanni |
La vita di Katharine de Kay Bronson fu quella di una donna straordinaria, capace di unire bellezza, cultura e generosità in un’epoca di profondi mutamenti sociali e culturali. Il suo ultimo riposo, nel piccolo cimitero di Canneto, rispecchia il suo destino cosmopolita e al tempo stesso solitario: la sua tomba, in stile gotico, è collocata fuori dalla cappella Rucellai, poiché, essendo protestante, non poteva essere sepolta accanto ai parenti cattolici del genero. Eppure, la sua memoria vive ancora, tra le pagine degli scrittori che la conobbero, nei ritratti degli artisti che la dipinsero e nelle mura delle case che amò, da Venezia ad Asolo, fino alle dolci colline toscane che la accolsero per l’eternità. |
La Villa di Canneto, oggi |
Edith volle che la madre venisse sepolta nel cimitero più vicino a quella che era diventata la sua residenza abituale, la villa di Canneto. Un piccolo cimitero, un angolo quieto e quasi dimenticato di campagna toscana dove riposare, in un parallelo ideale col Cimitero Marino di Paul Valery:
"Oh per me solo, solo mio, in me stesso,
Accanto a un cuore, alle fonti del verso,
Tra il vuoto, attendo, e il divenire puro,
Un eco della mia grandezza interna,
Amara, cupa e sonora cisterna,
Che un rimbombo dà in me, sempre futuro!"
 |
La cappella nel cimitero, a sinistra il sepolcro di Katherine |