Lo troviamo abbastanza facilmente nelle spaccature delle arenarie, accompagnato dal più familiare carbonato di calcio o calcite. In piccoli cristalli che sembrano di vetro o in esemplari assai più grandi: a Porretta a fine Ottocento venne scoperta una prolifica vena dall'allora presidente della sezione bolognese del CAI, Luigi Bombicci, e da questa uscirono negli anni diverse centinaia di grandi esemplari, molti dei quali sono tutt'oggi visibili nel museo a lui intitolato che si trova a Bologna.
Il quarzo a tramoggia è una varietà di quarzo che nasce nelle profondità delle faglie ricche di silice delle nostre montagne, che attraversate da fluidi idrotermali in condizioni di grande calore e pressione hanno fatto nascere degli straordinari cristalli prismatici trasparenti dalle dimensioni davvero importanti, a volte anche di decine di centimetri.
Ciò che distingue questi cristalli dai loro fratelli alpini è la crescita "a imbuto" delle loro faccette, che vede il centro molto più in basso dei bordi del cristallo, creando un aspetto "a gradini" che per affinità con i contenitori utilizzati nei mulini e delle miniere definisce appunto come "a tramoggia" questa sottospecie.
Ma oltre a questo dato che ne caratterizza l'aspetto c'è un'altra particolarità che rende queste "gemme" davvero interessanti. Imprigionati nella struttura cristallina ci sono molto spesso bitumi e argille accompagnati da bolle di acqua mista a gas - in genere metano - che sono coevi del cristallo, e quindi infinitamente antichi.
Gocce di preistoria, miracolosamente arrivate fino a noi con solo una faccetta di cristallo a proteggerle!
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