La lapide del tabernacolo del Pian di Scalino |
Le ultime tre linee dell'iscrizione, però, sono di tenore assai diverso dalle precedenti. In poche parole, nitide e secche, la lapide ci avverte:
"voi che sprezzate i giudizi umani, temete Dio"
Un lampo, un dardo dritto nell'anima. Una simile asciuttezza di termini - poche parole ma definitive - dànno l'idea di una freccia che colpisce in pieno il bersaglio: e il bersaglio siamo noi, viandanti antichi e moderni, che ci scopriamo nudi, davanti a quest'edicola a riflettere sulla transitorietà della vita, su quanto sia provvisorio ciò che crediamo definitivo e su come sia fragile il terreno su cui muoviamo i nostri passi.
Simili epigrafi erano tipiche della miglior cultura ottocentesca, che pur scolorendo nel Novecento manteneva intatta la sua presa: e uno degli epigrafisti più celebri - in ambito toscano e non solo - era stato l'abate Pietro Contrucci, nato a Piteglio nel 1788 da famiglia umilissima, per formazione e temperamento giansenista e liberale. Per tutta la vita, sebbene facesse convintamente parte del clero, cercò di promuovere la causa dell'unificazione e dell'indipendenza italiana.
Rifacendosi alla tradizione latina, Pietro Contrucci fu un prolifico scrittore di epigrafi, che raccolse più volte in volume. Quella incisa nella lapide di Pian di Scalino si trova nelle Opere Edite e Inedite, stampate a Pistoia nel 1841: il libro si può leggere anche in Rete, basta cliccare sul link.
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