mercoledì 18 settembre 2024

Sul Matanna col pallone: un viaggio tra cielo e terra nelle Alpi Apuane

Cartolina celebrativa della Funicolare Aerostatica
"Un mare di monti percosso da una tremenda tempesta, la quale ne abbia sollevate le onde sino alle nubi e quindi le abbia pietrificate." 

Così Antonio Repetti, nel suo celebre Dizionario Geografico Fisico Storico della Toscana, dipingeva le Alpi Apuane, regalandoci un'immagine tanto potente quanto indelebile. Questo mare di pietra, con le sue creste affilate come frangenti e le valli profonde come abissi, ha da sempre esercitato un fascino irresistibile su esploratori, scienziati e sognatori.

Monte Procinto

Fu in questo scenario romantico che, nell'alba del diciannovesimo secolo, l'alpinismo mosse i suoi primi, temerari passi nelle Apuane Meridionali. Pionieri come Giovan Battista Giorgini, che nel 1810 scalò il Monte Matanna, e il botanico Antonio Bertoloni, che esplorò il Monte Sagro nel 1817, furono tra i primi a sfidare queste vette. Ma fu l'ascensione del Monte Procinto - citato persino dall'Ariosto nell'Orlando Furioso come dimora del Sospetto - effettuata nel 1879 ad opera di Aristide Bruni e Felice Bontà, a segnare un punto di svolta. Questa scalata, su una delle cime più iconiche e intimidatorie delle Apuane, catalizzò l'attenzione degli alpinisti di tutta Europa, trasformando queste montagne da semplici giganti di pietra a vere e proprie arene per sfide verticali. L'eco di queste imprese risuonò infatti ben oltre i confini locali, attirando l'attenzione di esploratori, scienziati e, inevitabilmente, sognatori con lo sguardo rivolto al futuro.

Le Apuane dal Monte Serra

Così proprio qui, tra cime maestose, rupi selvagge e sentieri impervi, si dipanò una storia di pionierismo e ambizione tanto ardita quanto effimera che avrebbe lasciato un'impronta indelebile nel panorama del turismo apuano. La famiglia Barsi di Camaiore intuì il potenziale turistico di queste vette incontaminate e con l'audacia tipica dei visionari, non si limitò a sognare: agì. Il primo passo - verso il 1880 - fu l'apertura di un albergo alle Ferriere di Palagnana, detto anche Basso Matanna, nei pressi della Grotta all'Onda: un punto di partenza strategico a poco meno di 700 metri di altezza, per gli intrepidi esploratori che osavano sfidare le altezze apuane. Venne infatti pubblicizzato anche sulla Rivista Mensile del Club Alpino Italiano nel 1881, che così lo descriveva:

“Alle Ferriere di Palagnana, a un quarto d’ora dalla foce del Callare sorge, a 687 metri, l’Albergo Alpino del Matanna tenuto dalla famiglia Barsi, sulle sponde della Tùrrite Cava in un fresco vallone, frammezzo alle faggette e ai castagni. Vi si trova vitto, buon alloggio e prezzi modesti. Ci sono uffizio postale, stazione termo-pluviometrica e un teatrino. È codesto un importante centro di escursioni e una comoda fermata per chi voglia recarsi (10 ore di cammino) dai Bagni di Lucca a Viareggio o viceversa, attraverso una delle più attraenti regioni delle Alpi Apuane. L’albergo si trova a metà del percorso che si effettua risalendo dal Serchio l’intera valle della Tùrrite Cava pel paese delle Fabbriche e per quello di Campolemisi fino a Palagnana e alla foce del Callare, dove nasce la Tùrrite, indi pel nuovo sentiero all’Alpe della Grotta, a Stazzema e per Pontestazzemese a Pietrasanta e Viareggio. Il Barsi avrebbe delle buone idee, ma in quella come in molte altre parti delle Alpi Apuane, l’alpinista e il tourista si conoscono appena per averne sentito parlare. È a sperare che dalla gita che farà in autunno la Sezione di Firenze per inaugurare l’albergo e visitare la via ultimata del Callare, il signor Barsi possa trarre eccitamento a dare maggior sviluppo all’opera iniziata”

Spinti dal successo dell'iniziativa e da un'innegabile ambizione, i Barsi alzarono la posta in gioco, decidendo di realizzare verso il 1890 una seconda struttura al Piano d'Orsina proprio sotto la vetta del Monte Matanna, a oltre 1000 metri di quota. L'Albergo-Rifugio Alto Matanna sorse così come un nido d'aquila, offrendo ai suoi ospiti non solo comfort, ma una vista mozzafiato sulle Apuane Meridionali e la Versilia che avrebbe fatto invidia ai più blasonati resort alpini. L'albergo era aperto nella buona stagione da giugno a settembre ed era dotato di undici camere. Nel 1906 le camere aumentarono a 40. L’albergo era dotato di illuminazione e di telefono.

Il "mare di pietra" dal Callare del Matanna 

Le comunicazioni, però restavano il punto debole dei due alberghi: la zona era priva di strade carrozzabili ed i “signori turisti” e le loro dame, accompagnati dai loro pargoli ed in qualche caso dalla servitù, raggiungevano l’albergo per mezzo di cavalli o di muli, inerpicandosi per oltre 300 metri di dislivello con un innegabile sforzo che restringeva di molto la platea dei possibili soggiornanti.

Nel mondo, si dice, esistono due tipi di persone: quelle che di fronte alle difficoltà si arrendono, e quelle che invece rilanciano. I Barsi appartenevano indiscutibilmente alla seconda categoria. Dove altri avrebbero visto ostacoli insormontabili - la natura selvaggia, l'isolamento, le sfide logistiche - loro scorgevano opportunità. Ogni scalino conquistato sulla montagna dell'imprenditoria turistica non era per loro un punto d'arrivo, ma un trampolino di lancio verso nuove, vertiginose altezze. La loro filosofia sembrava essere: perché accontentarsi di scalare una montagna quando si può volare sopra di essa? Così Daniele Barsi, figlio di Alemanno, fondatore del "Basso Matanna" pensò che anziché portare i turisti sulla montagna con i muli, li avrebbe portati... in mongolfiera! Un colpo di genio.

Monte Nona e Pania della Croce

Fu così costituita una società anonima, con sede a Viareggio, dalla denominazione “Stazioni climatiche Viareggio, Camaiore, Alto Matanna” della quale fecero parte oltre ad Alemanno e a Daniele Barsi un gruppo di investitori toscani ed alcuni ingegneri milanesi che progettarono l’opera, che fu chiamata Funicolare Aerostatica Camaiore-Alto Matanna: un progetto che avrebbe catapultato le Alpi Apuane nell'olimpo delle destinazioni turistiche più esclusive. 

Immaginatevi: un pallone aerostatico di seta grigia, battezzato "Rosetta" in onore della moglie di Daniele Barsi, che si librava maestoso lungo un cavo metallico teso tra la stazione di partenza (presso la Grotta all’Onda) e quella d’arrivo (Colle della Prata o degli Asini), trasportando fino a sette fortunati passeggeri dalla Grotta all'Onda al Colle della Prata. Un viaggio di soli cinque minuti che prometteva di unire mare e montagna in un'esperienza da mille e una notte. Il viaggio in pallone era un lusso destinato solo ad un gruppo ristretto di persone che potevano permettersene il costo e anche, più semplicemente, potevano permettersi di fare una vacanza. I turisti dovevano raggiungere Casoli in auto e da qua raggiungere la stazione di partenza a piedi o a dorso di mulo e perfino in portantina. Alla stazione di arrivo trovavano poi una carrozza che li accompagnava all’albergo in pochissimi minuti.

Il 28 agosto 1910, il sogno divenne realtà. Il primo viaggio del "Pallone Frenato" fu un trionfo che fece eco su tutta la stampa nazionale. La Domenica del Corriere immortalò l'evento in una copertina che gridava al miracolo della tecnica. L'alta società europea, re compresi, si affrettò a prenotare un posto su questa meraviglia volante. Ma, come spesso accade ai sogni più audaci, la realtà si dimostrò più dura del previsto. Dopo soli quattro mesi di gloria, un uragano impietoso spazzò via la stazione di partenza e con essa le speranze dei Barsi. Il "Pallone Frenato" non si sarebbe più alzato in volo.

Monte Matanna

Eppure, nonostante la sua breve esistenza, la Funicolare Aerostatica ha lasciato un'impronta indelebile nella storia del turismo apuano. Oggi, la Foce del Pallone e l'Albergo Alto Matanna rimangono testimoni silenziosi di quell'epoca dorata, mentre rare cartoline dell'impresa sono diventate preziosi cimeli per collezionisti.

In conclusione, la vicenda del "Pallone Frenato" ci ricorda che anche i sogni più effimeri possono lasciare un segno duraturo. Sebbene la sua storia sia stata breve, ha acceso l'immaginazione di generazioni di viaggiatori, ispirando un approccio innovativo al turismo di montagna. L'audacia dei Barsi ha trasformato le Alpi Apuane da remote vette a meta ambita, gettando le basi per un turismo che ancora oggi unisce l'adrenalina dell'avventura al fascino senza tempo della natura incontaminata. La loro visione, seppur fugace, continua a ispirare chi cerca di spingersi oltre i limiti convenzionali del viaggio, ricordandoci che talvolta, nel turismo come nella vita, è il viaggio stesso, non la destinazione, a lasciare l'impronta più profonda.

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