La croce sulla Torre del Monte Labbro, oggi |
David Lazzaretti, noto anche come il "Santo dell'Amiata" o il "Profeta dell'Amiata", nacque ad Arcidosso, in Toscana, nel 1834. La sua vita seguì inizialmente un percorso comune - lavorava come barrocciaio (trasportatore di merci con carro) - fino a quando, intorno al 1868, ebbe quella che descrisse come un'esperienza mistica che cambiò radicalmente il suo percorso di vita.
Questa avvenne nella grotta di Sant'Angelo, sul Monte Labbro, una delle cime del massiccio dell'Amiata. Lazzaretti raccontò di aver avuto una visione in cui gli apparve un cavaliere misterioso che si presentò come "il principe delle eterne milizie". Durante questa visione, il cavaliere gli avrebbe impresso dei segni sulla fronte - secondo alcune versioni, si trattava di due "C" incrociate che stavano per "Cristo Crocifisso". Lazzaretti interpretò questi segni come un marchio divino che lo designava come nuovo profeta.
Prima di questa esperienza principale, Lazzaretti aveva già riferito di aver avuto altre visioni minori. Ma fu questo incontro mistico nella grotta che segnò definitivamente la sua trasformazione da semplice barrocciaio a predicatore religioso. Dopo quest'esperienza, iniziò a vestirsi con un saio rosso e a farsi crescere una lunga barba, assumendo un aspetto che ricordava quello dei profeti biblici, e iniziando a predicare raccolse attorno a sé un numero crescente di seguaci nella zona del Monte Amiata. Il suo messaggio mescolava elementi religiosi cristiani con idee sociali riformatrici e millenaristiche. Fondò una comunità religiosa chiamata "Chiesa Giurisdavidica" (dalla fusione del suo nome David con elementi religiosi), stabilendo una sorta di comunità utopica sul Monte Amiata.
Vetta del monte Labbro con la Torre Giurisdavidica |
Lazzaretti documentò questa esperienza in diversi scritti, tra cui "Il risveglio dei popoli", dove descrisse dettagliatamente la visione. Secondo questi scritti, il cavaliere misterioso gli avrebbe anche affidato una missione specifica: quella di riformare la Chiesa e preparare il mondo per una nuova era. La sua predicazione, che univa elementi religiosi a messaggi di rinnovamento sociale e giustizia per i poveri, attirava principalmente contadini e artigiani della zona. Tuttavia, le sue attività e il crescente seguito iniziarono ad attirare l'attenzione sia delle autorità ecclesiastiche che di quelle civili; e proprio l'aspetto sociale e cooperativo della comunità creata da Lazzaretti fu uno degli elementi che misero Lazzaretti in contrasto con le autorità dell'epoca.
Sul Monte Labbro, Lazzaretti fondò una comunità che chiamò "Società delle Famiglie Cristiane", organizzata secondo principi che oggi potremmo definire proto-socialisti. La comunità si basava su un sistema di condivisione dei beni e del lavoro, dove i membri mettevano in comune risorse e profitti delle loro attività. Un elemento centrale della comunità era l'Istituto degli Eremiti Penitenzieri e Penitenti, dove si svolgevano attività sia spirituali che pratiche. Qui venne costruita una chiesa, ma anche strutture per l'istruzione e il lavoro comune. La comunità aveva creato un sistema di mutuo soccorso, dove i membri più abbienti aiutavano quelli più poveri, e tutti contribuivano secondo le proprie possibilità.
Particolarmente innovativo per l'epoca fu l'impegno nell'istruzione: Lazzaretti istituì scuole gratuite per i figli dei contadini, dove si insegnava non solo a leggere e scrivere ma anche nozioni di agricoltura e artigianato. Questo aspetto era rivoluzionario in un'Italia post-unitaria dove l'analfabetismo era ancora molto diffuso, specialmente nelle zone rurali. La comunità sviluppò anche forme di cooperazione economica avanzate per l'epoca: creò una cassa comune per aiutare i membri in difficoltà e stabilì un sistema di commercio basato su principi di equità.
Il monte Amiata dal monte Labbro |
Questi elementi di organizzazione sociale alternativa, uniti al crescente seguito popolare di Lazzaretti, rappresentarono una sfida concreta all'ordine costituito. Le autorità vedevano nella comunità giurisdavidica non solo un problema religioso, ma soprattutto un pericoloso esempio di organizzazione sociale alternativa che poteva ispirare altre comunità contadine a ribellarsi contro il sistema esistente, scardinandolo dall'interno. La combinazione di messaggio religioso e pratica sociale cooperativa rendeva infatti il movimento di Lazzaretti particolarmente "pericoloso" agli occhi delle autorità, in quanto offriva non solo una visione alternativa, ma anche un modello concreto e funzionante di organizzazione sociale diversa da quella dominante, che dimostrava nei fatti - non solo in teoria - che i contadini potevano organizzarsi autonomamente e migliorare la propria condizione senza dipendere dal sistema padronale.
La grotta della Rivelazione, oggi |
Peraltro David Lazzaretti non si pose in diretta opposizione alle autorità, tanto che cercò più volte un dialogo sia con la Chiesa cattolica (arrivando a recarsi a Roma per ottenere l'approvazione del Papa) che con le autorità civili. La sua predicazione non era esplicitamente rivoluzionaria nel senso politico del termine. Piuttosto, annunciava una trasformazione sociale e spirituale che sarebbe dovuta avvenire attraverso un rinnovamento morale e religioso.
Il suo messaggio mescolava elementi millenaristici (l'attesa di una nuova era) con riforme sociali concrete, ma sempre inquadrate in una visione religiosa. Tuttavia, negli ultimi anni della sua vita i suoi toni divennero più apocalittici e il suo messaggio più radicale. Cominciò a predicare l'avvento della "Repubblica di Dio", un concetto che univa elementi religiosi a ideali repubblicani. È significativo che nel suo ultimo giorno di vita, durante la processione che portò alla sua morte, portasse uno stendardo con la scritta "La Repubblica è il Regno di Dio".
Questo slittamento verso posizioni più esplicitamente politiche, anche se sempre inquadrate in una visione religiosa, contribuì probabilmente alla decisione delle autorità di intervenire con la forza. Tuttavia, è importante notare che Lazzaretti non predicò mai una rivoluzione violenta o un rovesciamento armato dell'ordine costituito. La sua visione era piuttosto quella di una trasformazione graduale della società attraverso l'esempio della sua comunità e la diffusione dei suoi ideali di giustizia sociale. Il fatto che venne comunque percepito come una minaccia tale da dover essere eliminato fisicamente dimostra quanto il suo modello alternativo di organizzazione sociale, più che la sua predicazione religiosa o politica, fosse considerato pericoloso dalle autorità dell'epoca.
La sua vicenda si concluse tragicamente il 18 agosto 1878, quando, durante una processione ad Arcidosso, fu colpito mortalmente dalle forze dell'ordine in circostanze che rimangono oggetto di dibattito storico. La sua morte diede origine a una leggenda popolare che continua in parte ancora oggi, e alcuni suoi seguaci continuarono a mantenere vivo il suo insegnamento per anni dopo la sua scomparsa.
Il Caso, il Fato, il Destino: tre forze che sembrano intrecciarsi nella tragica parabola di David Lazzaretti. Fu il Caso a far nascere un simile spirito riformatore nell'Italia post-unitaria, in un momento in cui il paese, ancora immerso in strutture sociali feudali e dominato da rigide gerarchie ecclesiastiche e politiche, non poteva comprendere né accettare il suo messaggio rivoluzionario di giustizia sociale e rinnovamento spirituale. Fu forse il Fato a guidare i suoi passi verso quella particolare sintesi di spiritualità e pragmatismo sociale che, in un altro contesto storico, avrebbe potuto fare di lui una figura simile a quella che, decenni dopo, sarebbe stato Gandhi in India - un leader capace di unire la dimensione spirituale alla lotta per la giustizia sociale e la dignità degli ultimi. E infine fu il Destino a decidere che la sua vita si concludesse tragicamente quel 18 agosto 1878, proprio quando il suo apostolato stava dimostrando, attraverso i successi concreti della comunità del Monte Labbro, che un'alternativa era possibile. Un destino che ci porta a riflettere su quanto la società italiana dell'epoca non fosse pronta per un messaggio che univa in modo così originale spiritualità e giustizia sociale, fede e cooperazione, misticismo e pragmatismo economico.
La sua figura rimane come testimonianza di una possibilità mancata, di una strada non percorsa nella storia italiana: quella di un rinnovamento che partisse dal basso, dalle comunità rurali, unendo la forza della fede alla concretezza dell'azione sociale. Un'eredità che forse, a distanza di quasi 150 anni, può ancora offrire spunti di riflessione per il nostro presente.