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Il paese oggi, con la chiesa di San Biagio |
Brento Sànico è un borgo medievale abbandonato situato nel comune di Firenzuola, nell'Appennino tosco-romagnolo. Il nome Brento è di origine germanica e si riferisce al fatto che il paese è "ben protetto dalle intemperie del vento", mentre l'attributo Sànico indica quasi certamente la salubrità del luogo. Le sue origini risalgono al 1145, quando era un importante possedimento degli Ubaldini di Susinana, che vi tenevano un vicariato per la riscossione delle tasse e lo utilizzavano come centro amministrativo dei loro distretti.
Il paese, molto isolato, si trova a un'altitudine di circa 628 metri e sovrasta la Valle del Santerno. Era situato sull'unica strada che collegava la Romagna con la Toscana, il che gli conferiva un'importanza strategica notevole. Nonostante ciò, Brento Sànico rimase un borgo tipicamente rurale, con un'economia basata su pastorizia, allevamento, raccolta delle castagne e coltivazione di grano, granturco e ortaggi.
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Croce di Sassi |
Ancora negli anni '30 del XX secolo, il borgo era noto per le sue feste, che attiravano molti giovani dai paesi vicini. Durante gli anni '40, la zona ospitava anche un'istituzione scolastica. Il comune di Firenzuola aveva infatti autorizzato l'utilizzo di una stanza in un'abitazione privata come aula, dopo averla fatta certificare da un esperto. Questa soluzione permetteva ai bambini di Brento e dei poderi vicini di studiare senza dover affrontare il lungo tragitto fino a valle. Tuttavia, con l'industrializzazione e la costruzione di moderne strade e autostrade nel periodo post-bellico, Brento Sànico perse la sua importanza strategica e fu progressivamente abbandonato. L'ultima famiglia lasciò il paese nel 1951, trasferendosi nella frazione di San Pellegrino.
Negli anni successivi, il borgo cadde in rovina: le case in pietra locale vennero invase dalla vegetazione, i tetti crollarono, i campi furono occupati dal bosco, e i muretti a secco dei terrazzamenti franarono. Rimase in piedi solo la chiesa di San Biagio, con il suo campanile a vela e le vivaci decorazioni interne ottocentesche, in particolare la cupola di un acceso colore azzurro e le pareti con tracce di pitture del XVI secolo, progressivamente sbiadite.
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L'interno della chiesa di San Biagio |
Solo dopo il Duemila sono stati avviati progetti di recupero del borgo. Nel 2016, l'escursionista e scrittrice Anna Boschi, insieme al "prete muratore" don Antonio Samorì, già protagonista del recupero dell'eremo di Gamogna e delle chiese di Lozzole e Trebbana, ha visitato Brento Sànico e lanciato un'iniziativa per salvare prima la chiesa di San Biagio e poi l'intero paese. Con l'aiuto di volontari, sono stati effettuati interventi di pulizia e restauro, con l'obiettivo di ristrutturare le abitazioni e darle in comodato d'uso gratuito a chi desidera una vita più vicina alla natura e ai ritmi lenti di una volta. |
L'abside romanica della chiesa |
Oggi Brento Sànico si erge come testimone silenzioso di un'epoca passata, dove il tempo sembra essersi fermato tra i suoi muri di pietra e i sentieri invasi dalla vegetazione. Il silenzio che avvolge il borgo non è più quello dell'abbandono, ma quello contemplativo di chi cerca un rifugio dalla frenesia della vita moderna. Le antiche pietre, testimoni di secoli di storia, attendono pazientemente di tornare ad accogliere nuovi abitanti, non più contadini o pastori, ma persone alla ricerca di un modo di vivere diverso.
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Un mondo di boschi e silenzi |
In questo angolo appartato dell'Appennino, dove la natura ha ripreso i suoi spazi e il passato dialoga con il presente, Brento Sànico si prepara a scrivere un nuovo capitolo della sua storia millenaria. Il suo esempio potrebbe mostrarci come anche i luoghi dimenticati possano rinascere, non solo recuperando le proprie radici, ma anche indicando una via alternativa per il futuro che ci attende.
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