sabato 22 marzo 2025

Resurrezione liquida: la sorgente del Borro di Cavagliano a Travalle

Il Rio Camerella a poca distanza dalla sorgente

Quando si osservano i Monti della Calvana, situati tra Prato e il Mugello, ci si accorge immediatamente di quanto questo massiccio sia diverso dalle altre montagne toscane. Il paesaggio che si presenta agli occhi del visitatore è caratterizzato da un'apparente assenza d'acqua: poche sorgenti in quota e nessun ruscello che scende visibilmente dai pendii. In passato, quando le praterie avevano un'estensione maggiore rispetto a quella odierna, chi attraversava in estate i crinali assolati della Calvana si trovava davanti a uno scenario quasi lunare: vaste distese di praterie pietrose, doline scavate nella roccia e rarissime tracce d'acqua in superficie.

Questa caratteristica peculiare nasconde però una verità affascinante: l'acqua nella Calvana è abbondante, ma scorre invisibile sotto i nostri piedi. I Monti della Calvana rappresentano infatti il secondo complesso carsico della Toscana per dimensioni, superato solo dalle più note Alpi Apuane. La loro formazione geologica, denominata "formazione di Monte Morello" e risalente al periodo compreso tra il Paleocene e l'Eocene medio (circa 66-40 milioni di anni fa), è costituita principalmente da argille e dal caratteristico calcare Alberese. Queste rocce, con la loro particolare composizione, hanno dato origine nel corso dei millenni a un sistema idrologico complesso e articolato.

La Marinella vicino alla villa di Travalle 

Il calcare, elemento predominante del massiccio, agisce come un gigantesco filtro naturale: l'acqua piovana, anziché scorrere in superficie formando torrenti e ruscelli, si infiltra nelle innumerevoli fratture e nelle doline che punteggiano i crinali e i pascoli sommitali. Una volta penetrata nella roccia, l'acqua intraprende lunghi e tortuosi viaggi sotterranei, muovendosi lentamente attraverso cunicoli e gallerie scavate dalla sua stessa azione chimica. Nel corso dei millenni, questo processo continuo ha progressivamente eroso la roccia calcarea, creando un articolato sistema di cavità sotterranee.

Il viaggio dell'acqua all'interno del massiccio prosegue fino all'incontro con strati di roccia più impermeabile o con barriere geologiche naturali, come le marne o altre formazioni meno permeabili che si trovano a quote inferiori. È proprio in questi punti, generalmente posizionati tra i 300 e i 400 metri di altitudine, significativamente più in basso rispetto alla dorsale montuosa principale, che avviene la "risorgenza": l'acqua riemerge in superficie dando vita a sorgenti perenni.

La distribuzione di queste sorgenti non è uniforme lungo tutto il massiccio. Ne sono state censite ben 97, concentrate principalmente nella parte settentrionale e in quella centrale della catena montuosa, molte delle quali situate proprio nella fascia altimetrica compresa tra i 300 e i 400 metri. La parte meridionale, invece, presenta un numero significativamente inferiore di sorgenti, prevalentemente localizzate in prossimità dei fondovalle. Una caratteristica importante di queste sorgenti è la notevole variabilità della loro portata, strettamente legata all'intensità delle precipitazioni. Questa particolarità evidenzia la rapidità con cui l'acqua piovana attraversa il sistema carsico, riemergendo dopo percorsi relativamente brevi ma complessi.

Rio Camerella 

Nonostante la natura carsica del territorio, la densità del drenaggio superficiale nella Calvana è sorprendentemente abbondante rispetto ad altre aree con caratteristiche geologiche simili. Tuttavia, solo alcuni dei piccoli torrenti che discendono dalla dorsale mantengono un flusso perenne durante tutto l'anno, mentre la maggior parte si secca nei periodi di siccità prolungata; tutti, in generale, vengono alimentati dalle risorgenze presenti a varie quote, alcune delle quali particolarmente copiose.

Tra le tante sorgenti della Calvana, una spicca in modo particolare: quella del Borro di Cavagliano a Travalle. Qui l’acqua, dopo aver percorso il suo misterioso viaggio sotterraneo, riemerge con tale forza da generare l’intero Rio Camerella, che dopo un breve corso va a gettarsi nella Marinella. Dal punto di vista idrogeologico, la sorgente del Borro di Cavagliano presenta una conformazione peculiare: una bocca principale alimenta direttamente il rio, mentre un serbatoio creato artificialmente è collegato a un antico lavatoio e a una presa d'acqua. Questa doppia struttura ha permesso, nei secoli, un uso razionale e sostenibile della risorsa: da un lato, il nutrimento continuo del corso d’acqua; dall’altro, il supporto alle attività quotidiane della comunità locale.

La sorgente del Borro di Cavagliano 

Grazie alla sua portata costante, anche nei periodi più siccitosi, la sorgente è stata per secoli un riferimento vitale per gli abitanti della zona, garantendo acqua per uso domestico, agricolo e per l’abbeveraggio del bestiame. La sua importanza è testimoniata dalle opere di sistemazione idraulica realizzate nel tempo, che hanno permesso di ottimizzare la fruizione della sorgente senza comprometterne l’equilibrio naturale.

Ma la sorgente non è solo una risorsa idrica: la sua storia è intrecciata a un universo culturale e simbolico di rara suggestione. A pochissima distanza si ergono antiche murature che racchiudono una collinetta lobiforme di origine quasi certamente artificiale. Oggi questo luogo ospita la casa colonica nota come "podere Castelluccio", ma alcuni studiosi ritengono che queste strutture costituissero originariamente la base di un tempio probabilmente dedicato al culto delle acque. La presenza di un edificio sacro in prossimità di una sorgente così abbondante non è casuale. Il culto delle acque rappresenta infatti uno degli elementi più antichi e persistenti nelle religioni mediterranee, e in particolare nella cultura etrusca, che aveva sviluppato una profonda connessione spirituale con le manifestazioni naturali dell'acqua.

Il lavatoio-abbeveratoio 

Le sorgenti, in particolare quelle che emergevano misteriosamente dal sottosuolo dopo percorsi invisibili attraverso le viscere della terra, erano infatti considerate manifestazioni divine, punti di contatto tra il mondo terreno e quello ctonio. L'acqua che sgorgava dalle profondità della terra portava con sé non solo fertilità e vita, ma anche conoscenza e potere purificatore. Non sorprende quindi che attorno a queste sorgenti si sviluppassero luoghi di culto e rituali specifici.

Gli Etruschi, popolo che ha abitato queste terre prima della dominazione romana, avevano elaborato una complessa teologia in cui le divinità legate alle acque occupavano un ruolo primario. Numerose sono le testimonianze archeologiche di culti legati alle sorgenti in tutta l'Etruria, con ritrovamenti di ex voto, strutture rituali e santuari dedicati a divinità acquatiche. A Pizzidimonte, a poca distanza da qui, sono state ritrovati diversi reperti di epoca etrusca collegati a frequentazioni sacrali di questo tipo, mentre la collina del podere Castelluccio, finora, non è mai stata oggetto di indagine archeologica e verosimilmente potrebbe celare altri ritrovamenti dello stesso genere.

Il punto in cui riemerge la sorgente 

Il ciclo delle acque carsiche – che si perdono nel sottosuolo per poi riemergere – ha nutrito, fin dall’antichità, un immaginario legato ai temi della morte e della rinascita. Il viaggio sotterraneo dell’acqua, che scompare nell’oscurità per poi riapparire pura e rinnovata, era interpretato come una metafora del percorso dell’anima nel mondo dei morti e del suo ritorno alla vita. Nelle culture arcaiche del Mediterraneo – e in quella etrusca in particolare – questo ciclo naturale assumeva un significato sacrale. Le sorgenti carsiche venivano viste come varchi tra il mondo visibile e l’aldilà, e non a caso i luoghi sacri sorgevano spesso in prossimità di questi fenomeni.

L’antico tempio di Castelluccio, collocato su una collinetta sopraelevata rispetto alla sorgente, probabilmente rievocava simbolicamente questo viaggio, dall’acqua che risorge dalle profondità ctonie al tempio che si eleva verso la luce. Era un cammino rituale, un’ascesa carica di significati spirituali e di legami con i cicli stagionali e il culto degli antenati, con pratiche di purificazione, riti propiziatori e offerte votive alle divinità delle acque. L’acqua della sorgente – ritenuta rigenerante e guaritrice – veniva utilizzata sia per scopi cerimoniali che terapeutici.

Il getto che cade nel lavatoio 

Oggi, mentre l'acqua continua il suo eterno ciclo attraverso le rocce calcaree della Calvana, emergendo copiosa dalla sorgente del Borro di Cavagliano, possiamo solo immaginare i rituali e le credenze che per millenni hanno accompagnato questo fenomeno naturale. Ma le antiche murature del podere Castelluccio rimangono, a testimoniare quella sacralità del luogo che i millenni non hanno completamente cancellato.

Oggi la sorgente è molto più di un fenomeno idrogeologico: è un crocevia di storie e conoscenze dove geologia, archeologia, storia e mito si incontrano e si mescolano, dando forma a un racconto affascinante che attraversa i millenni e ci parla ancora, toccando le nostre radici più profonde.

Per chi voglia visitare questo luogo di seguito posto una cartina (cliccate per aprirla in modo interattivo); nel caso raccomando di fare attenzione perché la sorgente si trova dentro campi coltivati che non vanno calpestati né percorsi con mezzi diversi dalle gambe. Le coordinate GPS della sorgente sono 43.8881086N, 11.1538936E.

La conca di Travalle

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